Durante le festività, se si ha la possibilità di prendere dei giorni di ferie, il tempo che, in genere si dedica al lavoro, si diluisce, allenta la stretta e le lancette non girano più freneticamente. E’ possibile che il pensiero operativo sia più oneroso in termini di tempo del pensiero creativo?
Ultimamente, una delle domande che mi pongo più spesso è: “come aumentare la produttività?”.
Durante lo sviluppo di un software, hai a disposizione diversi tools che permettono una più o meno inquadrata gestione del flusso.
Non esiste un tool valido per ogni situazione.
Quindi, cosa poter fare o applicare sempre in maniera standard, a prescindere dalle specifiche per:
1) avere delle specifiche chiare da parte del cliente,
2) fare in modo che il cliente si diverta cioè che il lavoro dei tecnici sia trasparente e coinvolgente,
3) massimizzare l’uso di risorse e minimizzare la quantità di bug prodotti,
4) evitare l’esaurimento nervoso ai componenti del team alla consegna del prodotto.
Molte sono le ricerche a riguardo, che portano avanti l’idea, appartenente ad una logica verticistica, che la soluzione riguardi la leadership. Una delle filosofie più recenti è quella secondo cui la figura del manager è/deve cambiare, assumendo forma di coach.
Effettivamente, il modello del manager dittatoriale ed accentratore è stato dimostrato essere NON un modello di successo: può irritare e demotivare i collaboratori che non hanno autonomia e che, quindi, si limitano a prestazioni mediocri. Spesso sono troppo focalizzati sullo sviluppo di competenze tecniche a scapito di quelle relazionali quali dare feedback costruttivi, gestire i conflitti, saper motivare persone con esigenze diverse.
Il coaching, invece, è un metodo secondo cui è necessario liberare le potenzialità di una persona in modo che riesca a portare al massimo il suo rendimento, obiettivo che dev’essere raggiunto con l’utilizzo di diverse tecniche, quali l’ascolto attivo, orientare al risultato, creare un rapporto di fiducia e comunicare costantemente, esattamente come fa un coach con la sua squadra.
In tutto questo discorso, dove sono i componenti del team? Sembra quasi che la gestione di un team sia assimilabile alla gestione di un pascolo.
Parliamone.
Quanta autonomia e libertà decisionale è in grado di garantire il manager-coach? Perchè suppongo che il suo team non sia costituito solo da junior, nel qual caso è un azzardo parlare di libertà decisionale. Tralaltro, il manager-coach potrebbe essere un ex manager-dittariale che si è adattato alla “moda” del momento – cambia la forma, non cambia il modus operandi.
E, domanda più importante, che fine fa il team se il manager-coach decide di andare via?
Partiamo dall’assunto che la produzione è strettamente legata al team, che può essere più o meno massimizzata da un suo coordinamento.
Quindi, perchè partire sempre da una visione top-down del processo produttivo se esiste la possibilità non remota di avere un crash coincidente con la mancanza di leadership? Perchè non partire dalla base, da chi produce, in maniera orizzontale, così da rendere la base forte, puntando le luci sull’insieme e non sul singolo elemento? Cosa possiamo migliorare in ognuno di noi, per far in modo che il meccanismo funzioni, cercando di limitare l’uso di strumenti o persone terze parti?
Supponiamo il caso di avere un team che sviluppa utilizzando tecnologie Agili, dove le persone e le interazioni sono più importanti dei processi e degli strumenti (ossia le relazioni e la comunicazione tra gli attori di un progetto software sono la miglior risorsa del progetto). Ogni componente del team può interagire col cliente, al pari degli altri.
Relazioni e comunicazione sono le parole chiave. Come far sì che ognuno possa rendere al massimo delle proprie possibilità, comunicando e relazionandosi con i componenti del team e con i clienti?
Per fare un esempio, è risaputo che la categoria dei tecnici non brilli per capacità comunicative e volontà di condividere le proprie conoscenze, nonostante la presenza di un alto quoziente d’intelligenza.
Per fortuna, esiste un altro tipo di intelligenza, che è migliorabile e che ci viene in aiuto quando dobbiamo relazionarci con altri: la cosiddetta intelligenza emotiva.
Da wikipedia:
“L’intelligenza emotiva sarebbe, secondo alcuni psicologi, un aspetto dell’intelligenza legato alla capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie ed altrui emozioni.
Sviluppare competenze emotive significa favorire scambi comunicativi, capacità di problem-solving e stimolare il pensiero costruttivo.“
La competenza emotiva si distingue in personale e sociale. Quest’ultima è quella che ha un impatto maggiore sul piano lavorativo.
“La competenza sociale può essere riassunta in 5 grandi categorie:
- competenze comunicative
- competenze di leadership
- competenze nella soluzione dei conflitti
- competenze nella soluzione dei problemi
- competenze nel prendere decisioni
Alla competenza sociale si associa anche il Cooperative Learning cioè la capacità di lavorare in gruppo nel quale queste abilità vengono acquisite e sviluppate e dove il collaborare insieme è indispensabile per poter mettere insieme competenze diverse per far fronte alla spaventosa accelerazione di informazioni tecnico-scientifiche.”
Si tratta di qualcosa che appartiene a noi e noi possiamo far in modo di migliorarla. Tutti possiamo migliorarci, attraverso un percorso di consapevolezza di sè e di sè in rapporto con gli altri. Non si tratta nè di uno strumento esterno nè dell’aiuto di un’altra persona.
Sta tutto in noi.
Più si affina questa forma di intelligenza, più si è in grado di intuire i sentimenti, le aspirazioni e le emozioni delle persone che ci circondano e di avere una piena cognizione del proprio stato d’animo.
Scopo: orientare i comportamenti propri e altrui per favorire il raggiungimento di uno scopo personale o comune.
I dati che provengono da alcune ricerche affermano che i lavoratori con un buon livello di intelligenza emotiva:
- sono più produttivi
- meno inclini a lasciarlo
- più soddisfatti della loro mansione
- più capaci di gestire positivamente i rapporti col cliente
- più positivi, in grado, quindi, di generare entusiasmo tra i collaboratori e metterli in grado di agire
- maggiore coinvolgimento nel lavoro
- maggiore capacità di aiutare chi ne ha bisogno.
Migliore sarà la comprensione delle esigenze del cliente, migliori saranno le specifiche del prodotto, migliore sarà il prodotto, più saldo diventerà il rapporto col cliente.
Migliore sarà la comunicazione a livello di team, maggiore sarà la quantità di informazione condivisa, maggiore sarà la coesione del team, maggiore visibilità al team, team soddisfatto.
Ritengo sia un argomento che le aziende IT debbano prendere in considerazione, se i benefici sono così evidenti in ambito lavorativo,
sia nel rapporto tra collaboratori che tra quello con i clienti.
Fonti
//it.wikipedia.org/wiki/Intelligenza_emotiva
//www.aitp.org/news/124618/
//www.businessinsider.com/forget-iq-take-yales-emotional-intelligence-test-2013-5
//geoffsnyder.com/emotional-intelligence-in-technology/
//www.academia.edu/1293046/The_Business_Case_for_Emotional_Intelligence